Federico Marchesano/The Inner Bass
La “Solitunes Records” è una delle più interessanti etichette italiane nate nel 2015. La loro missione è così descritta: “Un’isola deserta, un musicista, un microfono. Una dichiarata discriminazione di numero, mai di genere”. Come fossero proprio in un isola deserta i musicisti si accingono a iniziare un viaggio interiore che affronta le inquietudini e la paura della solutudine. Tra i tre album pubblicati dalla “Solitude Records” uno dei più interessanti è quello del contrabbassista, nonchè uno dei fondatori dell’etichetta, Federico Marchesano che – pur abituato a suonare in contesti di ensemble – si è cimentato in questo arduo e rischioso progetto. Marchesano, diplomato al Conservatorio G. Verdi di Torino, vanta decine di collaborazioni che spaziano da Roy Paci a Marco Minneman, solo per dirne alcune.
“The Inner Bass” è un lavoro che esplora – come suggerisce il titolo – il proprio strumento in profondità. Lo strumento a sua volta permette al musicista di intraprendere un percorso anche nella propria interiorità. Le corde del contrabbasso diventano strumenti per dialoghi non possibili con l’uso della parola. Grazie a espedienti tecnici (pizzicato o arco, distorsori e effetti) e a una grande cultura musicale, Marchesano riesce a creare un album che trasforma in opportunità quello che a lui stesso da giovane sembrava un limite; quello di non essere mai stato un musicista di genere. Questo gli permette di suonare, in un unico contesto, generi diversi che spaziano dalla musica accademica alla musica popolare.
Il percorso ci porta dai ritmi africani di “Afrobass” ai lenti ricami ambient di “Contrabutoh”. Il vertice assoluto, sia introspettivo che descrittivo, si raggiunge nei quattro brani “A journey to Sicily” che esplorano l’anima più sperimentale dell’album. Quasi una tetralogia che, tramite l’utilizzo di sovraincisioni e manipolazioni dei suoni, ci mostra un Marchesano ormai nelle vesti di vero compositore d’avanguardia. Partendo dalle inquietudini minimali di “La Cava di Modica” si giunge alle distorsioni di “Il Cretto” che concilia ritmi quasi metal (genere che Marchesano ascolta) a improvvisazioni noise.
La terza parte “Alfio u’ mutu” reintroduce cupi paesaggi minimali che si disperdono nelle spaventose dissonanze di “Gibellina Nuova”, brano di ricerca estrema in cui il suono del contrabasso diventa praticamente irriconoscibile, in quanto “preparato” in modo non dissimile al pianoforte del leggendario John Cage.
Ottimo inizo per la “Solitunes Records” che fa sperare in futuri sviluppi degni di attenzione.